La religione islamica regola gran parte della vita dei propri fedeli: una popolazione enorme, residente non solo nei paesi arabi, ma anche in molte nazioni dell’Occidente.
Tra le attività disciplinate da questo culto antichissimo c’è l’alimentazione, considerata di fondamentale importanza per preservare la purezza del corpo e dell’anima.
Halal e haram.
Ed è proprio all’ambito dell’alimentazione che vengono applicate le regole indicate dai termini “halal” e “haram”: parole dal fascino esotico, che significano, rispettivamente, “lecito” (in arabo: حلال) e “proibito” (حرام), con riferimento a ciò che ogni buon musulmano può mangiare e bere, o meno.
Si tratta di norme nate dall’esigenza di fornire pratiche utili per vivere al meglio nel deserto e che, col passare dei secoli, si sono trasformate in precetti sacri, la cui osservanza è fondamentale.
I cibi “halal”.
Tra i principali alimenti considerati “halal” ricordiamo:
- La carne, soprattutto quella ovina e il pollame, in minor misura quella bovina e di cammello. Questa carne deve essere però macellata in modo appropriato (“dhabihah”), ovvero con una rapida e profonda incisione della vena giugulare, della carotide e della trachea, lasciando intatta la spina dorsale dell’animale. Nel corso della procedura il macellaio deve pronunciare il nome di Allah e il sangue deve essere fatto defluire completamente. Spesso questa carne viene tagliata a pezzi e impiegata nella preparazione di stufati con verdure.
- Alcune tipologie di pesce, soprattutto quello dotato di squame.
- I cereali, su tutti il riso e il frumento, utilizzato ad esempio per il “cous cous”, una delle più celebri specialità arabe (o, meglio ancora, berbere), il “bulgur” (diffuso soprattutto in Turchia e Tunisia) e la “pita” un pane di forma bassa e tondeggiante, impiegata per accompagnare, tra l’altro, il “kebab”.
- I legumi, come le fave, le lenticchie e soprattutto i ceci: ingrediente fondamentale di salse come l’ “humus” o di preparazioni come le polpette vegetali “falafel” (molto apprezzate in Egitto, Siria, Giordania, Libano, Israele e Palestina).
- Il latte e i suoi derivati, tra i quali spiccano un particolare tipo di yogurt, il “labneh”, e i formaggi, come lo “shanklish”.
- Un’ampia varietà di verdure, frutta secca (come le arachidi e i pistacchi) e soprattutto spezie (tra le quali il cumino, la curcuma, lo zafferano, la cannella, senza dimenticare gli immancabili semi di sesamo).
I cibi “haram”.
Per quanto riguarda i prodotti “haram”, quindi assolutamente vietati, basterà ricordare ad esempio:
- La carne di maiale e i suoi derivati. Il cinghiale, il coniglio e tutti gli animali carnivori. Va, inoltre, inclusa tutta la carne non macellata in modo rituale.
- Numerose varietà ittiche, come l’anguilla, il pesce spada, la razza, l’aragosta, l’astice e i frutti di mare.
- L’alcol nelle sue varie forme, dal vino alla birra e ai distillati.
I cibi “mashbooh”.
Esiste, inoltre, una terza categoria, quella dei cosiddetti cibi “mashbooh”, vale a dire “sospetti” (in arabo: مشبوه), che rappresentano un pericolo per ogni musulmano strettamente osservante. Sono a rischio in quanto potrebbero essere preparati con alcuni ingredienti proibiti, talvolta celati, ad esempio, nei conservanti. In questa categoria ricadono molti prodotti caseari che richiedono una discreta attenzione nella scelta.
Gli enti certificatori “halal”.
Considerata la vastità e soprattutto le enormi potenzialità del mercato alimentare destinato alla gente di fede islamica, col tempo sono nate vere e proprie società certificatrici (a loro volta autorizzate dalla “Halal International Authority”), che si occupano di analizzare i prodotti alimentari, attestandone l’appartenenza alla categoria halal, senza che il consumatore debba preoccuparsi di effettuare ulteriori verifiche.
Nobili, avendo a cuore le necessità della clientela, si è affidata proprio a una di queste società, così da garantire a un numero sempre maggiore di persone la possibilità di assaggiare i propri prodotti. Visitare la sezione dedicata.